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    Home»Mostre ed Esposizioni»Nan Goldin. This Will Not End Well: la vita come film al Pirelli HangarBicocca
    Nan Goldin
    Nan Goldin Sisters, Saints, Sibyls, 2004-2022 | Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2025 © Nan Goldin Courtesy l’artista, Kramlich Collection e Pirelli HangarBicocca, Milano | Foto Agostino Osio
    Mostre ed Esposizioni

    Nan Goldin. This Will Not End Well: la vita come film al Pirelli HangarBicocca

    RedazioneBy RedazioneOttobre 12, 2025Nessun commento5 Mins Read
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    Dall’11 ottobre 2025 al 15 febbraio 2026, il Pirelli HangarBicocca di Milano ospita This Will Not End Well, la prima retrospettiva dedicata al lavoro di Nan Goldin come filmmaker. La mostra, curata da Roberta Tenconi e Lucia Aspesi, riunisce il più ampio corpus di slideshow mai presentato dall’artista e offre un viaggio immersivo attraverso quarant’anni di immagini, suoni e memorie.

    L’esposizione si articola in una serie di padiglioni architettonici progettati da Hala Wardé, ciascuno concepito in relazione a un’opera specifica. Queste strutture, pensate come ambienti autonomi ma in dialogo tra loro, formano un vero e proprio villaggio visivo che riflette la natura narrativa, intima e collettiva del lavoro di Goldin. Il titolo This Will Not End Well (“Non andrà a finire bene”) evoca l’ironia fragile e affettuosa che attraversa la sua poetica, uno sguardo capace di unire empatia e disincanto.

    Tra le opere in mostra figura The Ballad of Sexual Dependency (1981–2022), il lavoro che ha segnato la storia della fotografia contemporanea e che documenta la vita del gruppo di amici, artisti e amanti di Nan Goldin tra gli anni Settanta e Ottanta. Accanto a questo capolavoro, si trovano The Other Side (1992–2021), un omaggio alla comunità trans e drag; Sisters, Saints, Sibyls (2004–2022), riflessione autobiografica sul suicidio della sorella Barbara, presentata nel monumentale Cubo dell’Hangar in una ricostruzione fedele alla versione originale esposta nel 2004 alla Chapelle de la Salpêtrière di Parigi; Fire Leap (2010–2022), un viaggio nel mondo dell’infanzia; Memory Lost (2019–2021), testimonianza dolorosa della dipendenza e della riabilitazione; e Sirens (2019–2020), visione estatica e ipnotica sull’esperienza della droga.

    La mostra presenta inoltre per la prima volta in Europa due lavori recenti. You Never Did Anything Wrong (2024) è una meditazione astratta ispirata a un antico mito sull’eclissi, mentre Stendhal Syndrome (2024) intreccia sei miti ovidiani con i ritratti degli amici di Nan Goldin e le immagini di dipinti e sculture provenienti da musei di tutto il mondo, creando un dialogo tra tempi, linguaggi e sensibilità.

    Nan Goldin
    © Nan Goldin | Nan Goldin, Veiled Woman, 2010. Courtesy Gagosian

    Ad aprire il percorso espositivo è Bleeding (2025), una nuova installazione sonora del duo Soundwalk Collective, formato da Stephan Crasneanscki e Simone Merli, realizzata in stretta collaborazione con Nan Goldin. L’opera, costruita a partire da registrazioni ambientali raccolte durante le precedenti tappe della mostra, trasforma i suoni in un paesaggio emotivo che accompagna il visitatore verso il “villaggio” di immagini, amplificando la dimensione sensoriale della retrospettiva.

    Nata a Washington D.C. nel 1953, Nan Goldin è una delle figure più influenti dell’arte contemporanea. Cresciuta tra Boston e New York, inizia a fotografare negli anni Settanta, sviluppando uno stile diretto, intimo e radicalmente sincero. Con The Ballad of Sexual Dependency, presentato per la prima volta nel 1985, Nan Goldin inventa un linguaggio che unisce documentario, diario e cinema, dando voce a una comunità di artisti, outsider e amici che vivevano la libertà e la vulnerabilità degli anni precedenti all’AIDS. I suoi slideshow, accompagnati da colonne sonore eclettiche, raccontano amori, amicizie, dolore, sessualità e dipendenze, trasformando la fotografia in un racconto vivo e collettivo.

    L’artista è anche un’attivista politica. Nel 2017 ha fondato P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), un gruppo d’azione contro la famiglia Sackler, ritenuta responsabile della crisi degli oppioidi negli Stati Uniti. Le proteste di P.A.I.N. hanno spinto molti musei internazionali, tra cui il Met e il Louvre, a rimuovere il nome Sackler dalle proprie sale.

    Nel corso della sua carriera, Nan Goldin ha esposto nei più importanti musei del mondo, tra cui il MoMA di New York, la Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi e il Reina Sofía di Madrid, ed è stata insignita di numerosi premi, come il Kering Women in Motion Award for Photography nel 2025, il Käthe Kollwitz Prize nel 2022 e l’Hasselblad Award nel 2007. La sua influenza è trasversale: dalle arti visive alla fotografia di moda, il suo sguardo ha ridefinito i paradigmi dell’intimità, della rappresentazione e dell’identità nella cultura contemporanea.

    Nan Goldin
    Nan Goldin Still from Stendhal Syndrome, 2024 © Nan Goldin Courtesy Gagosian

    La mostra This Will Not End Well fa parte di un tour internazionale iniziato al Moderna Museet di Stoccolma nel 2022 e proseguito allo Stedelijk Museum di Amsterdam e alla Neue Nationalgalerie di Berlino. Dopo Milano, approderà al Grand Palais Rmn di Parigi nel 2026. In occasione dell’esposizione è stato pubblicato un catalogo di 216 pagine, con 140 illustrazioni, edito da Steidl Verlag, che raccoglie testi di artisti, curatori e scrittori tra cui Vince Aletti, Roni Horn, Patrick Radden Keefe, Eileen Myles e David Wojnarowicz.

    Il Pirelli HangarBicocca, fondazione no profit dedicata alla produzione e promozione dell’arte contemporanea, conferma ancora una volta la sua vocazione internazionale e il suo impegno per la diffusione culturale. Diretto da Vicente Todolí, è uno degli spazi espositivi più ampi d’Europa, accessibile gratuitamente e aperto a un pubblico eterogeneo.

    “Ho sempre desiderato essere una filmmaker. I miei slideshow sono film composti da fotogrammi”, afferma Nan Goldin. Con questa retrospettiva milanese, la sua visione cinematografica della vita si manifesta in tutta la sua potenza: un archivio di desiderio, dolore e memoria che continua, come suggerisce il titolo, a non finire bene – e proprio per questo resta infinitamente vivo.

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