Mattia Carella è uno degli artisti iperrealisti più interessanti del panorama italiano di questo ultimo periodo. Autodidatta, nato a Napoli nel 2000 e grande appassionato dell’arte e del disegno, lo potete trovare su istagram (@mattiacarellaart). Lo abbiamo incontrato per approfondire la sua arte, le sue opere e per far conoscere a più persone questo artista emergente.
Quando ha iniziato a disegnare? C’è un momento specifico della sua vita in cui ha pensato di fare l’artista?
I miei primi ricordi di vita mi vedono con una matita in mano, intento a scarabocchiare e riprodurre su carta tutto ciò che vedevo. Col passare degli anni la passione non si è mai affievolita anzi, ho sempre cercato di migliorarmi e superarmi, non c’è stato quindi un momento specifico in cui io ho pensato che l’arte dovesse far parte della mia vita, semplicemente è una strada che si è costruita da sé, con il supporto di chi mi sta accanto.



Ha avuto una formazione artistica o è autodidatta?
Ho sempre temuto l’idea di studiare arte, per paura che la mia passione si trasformasse in dovere. La mia formazione artistica comprende ore a casa da solo a disegnare e ridisegnare ciò che mi piaceva con l’aiuto di internet e tutorial su Youtube.
Cos’è per lei fare l’artista? Che cos’è per lei l’iperrealismo?
Credo che il termine “artista” aspetti a chi osserva i miei lavori, se questi generano in loro delle emozioni. Non mi sono mai definito artista, mi imbarazza quasi descrivermi come tale, posso dire però che cercare di fare arte è un qualcosa che mi riesce naturale. L’iperrealismo nello specifico per me significa in primis passione, mi emoziona vedere su carta un dettaglio eseguito (quasi) perfettamente, ma rappresenta anche una continua sfida con me stesso a fare sempre meglio
Ha un artista del passato o del presente preferito? Si è ispirato a qualche artista in particolare?
Non è un artista ma un’opera in particolare che penso mi abbia inconsapevolmente ispirato, ovvero Il ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck. l’attenzione ai dettagli delle espressioni, dei movimenti del corpo, dello sfondo, la sola volontà (e impegno che ne consegue), nel voler ritrarre la coppia anche nello specchio, i simbolismi nascosti negli oggetti… Mi ha ispirato a voler mettere su carta qualsiasi dettaglio che riesca a cogliere, e di riuscire a trasmettere un significato e un’emozione tramite questi a chi li vede. Per quanto riguarda gli artisti presenti, tra i miei preferiti e di ispirazione ci sono Matteo Zoccheddu, Emma Towers e Dylan Eakin.
Ci può spiegare una delle sue opere, quella che reputa più rappresentativa della sua arte
Una delle opere che voglio mostrare ai lettori è chiamata In trappola. La scelta di includere solo il viso nel ritratto non è casuale; Volevo trasmettere un senso di claustrofobia e soffocamento, e per farlo, ho deciso di concentrare l’attenzione sul volto sofferente.

Il titolo e l’espressione del volto parlano di un tema universale: il sentirsi intrappolati, sia fisicamente che emotivamente. Questa opera può essere letta come una riflessione sul dolore personale, su un senso di impotenza o sulla difficoltà di esprimere emozioni profonde ed è il mio lavoro preferito per ora.
Cosa sono per lei i social? L’hanno aiutata a farsi conoscere come artista?
Per anni sono stati causa delle mie insicurezze, paure, ma anche uno stimolo continuo a crescere e andare sempre oltre le mie abilità. Fino a due anni fa ero passivo sui social, osservavo e “rubavo” qualsiasi tecnica, trucchetto che vedevo dai miei artisti di riferimento, solo nel 2023 sono riuscito a mettere da parte le mie ansie iniziando a pubblicare ciò che facevo e ciò che mi rappresenta, e ad avere le soddisfazioni che ne sono conseguite. Detto ciò i social hanno molti lati negativi, ma se affrontati con positività o, a tratti ignorandoli e andare dritti verso la propria strada, possono essere una grande vetrina e modo per esprimere se stessi.
