Francesco Borromini, nato come Francesco Castelli, è una delle figure più straordinarie e innovative dell’architettura barocca. Nonostante le sue origini svizzere, la sua carriera si svolse principalmente a Roma, dove il giovane Borromini si trasferì dopo aver iniziato come scalpellino a Milano, probabilmente nei cantieri del Duomo. Qui, immerso nell’arte e nella maestria dei materiali, cominciò a sviluppare quella sensibilità spaziale che lo avrebbe reso celebre.
Nel 1614 Borromini entrò nella bottega di Carlo Maderno, uno dei grandi architetti del periodo, che curò la sua formazione tecnica e artistica. Durante questi anni studiò attentamente le architetture antiche, rinascimentali e le opere di Michelangelo, approfondendo le possibilità della prospettiva e delle forme complesse. Dopo la morte di Maderno, Borromini collaborò con Gian Lorenzo Bernini nel progetto del baldacchino di San Pietro, a Roma, portando l’idea innovativa del coronamento con le volute a dorso di delfino. Tuttavia, a causa di conflitti con Bernini, nel 1634 decise di intraprendere la carriera di architetto indipendente.
Il massimo esempio della genialità di Francesco Borromini è senza dubbio Sant’Ivo alla Sapienza, costruita tra il 1642 e il 1660. Situata all’estremità est del cortile del Palazzo della Sapienza, già progettato da Giacomo della Porta, questa chiesa è considerata uno dei massimi capolavori del barocco europeo.
La pianta di Sant’Ivo è un vero tour de force geometrico: Borromini partì da un triangolo equilatero e, compenetrandone due, ottenne una stella a sei punte con al centro un esagono regolare. Le punte della stella sono trattate in modo differente: tre diventano nicchioni concavi semicircolari, mentre le altre tre hanno forme mistilinee con convessità spezzate da piccole nicchie. Per compensare queste differenze e creare armonia, Borromini realizzò un interno straordinariamente continuo e omogeneo, con una sequenza di pilastri giganti che mettono in rilievo i sei angoli dell’esagono e una trabeazione che riproduce fedelmente il profilo della pianta.
La cupola di Sant’Ivo, infine, è un esempio unico di innovazione barocca. Pur richiamando il prototipo michelangiolesco della cupola di San Pietro, Borromini la concepì come una continuazione naturale del corpo dell’edificio, integrando perfettamente le complesse geometrie sottostanti.
Sant’Ivo alla Sapienza non è solo una chiesa: è una dimostrazione della capacità di Borromini di fondere ingegno matematico, sensibilità artistica e spiritualità architettonica. La sua opera rimane una fonte di ispirazione per architetti e storici dell’arte, simbolo di un barocco che non teme la complessità e che trasforma lo spazio in poesia tridimensionale.
