La videoarte, sin dalla sua nascita negli anni Sessanta, ha saputo farsi linguaggio del presente: fluido, instabile, attraversato da tensioni estetiche e psicologiche. Quando Nam June Paik intuì che il segnale televisivo poteva diventare materia artistica, aprì la strada a una rivoluzione che avrebbe trasformato per sempre il modo di percepire le immagini. Oggi, in un’epoca in cui il video è la forma espressiva dominante – dal cinema alle piattaforme digitali – la videoarte continua a interrogare lo sguardo, a cercare significati oltre la superficie, a rendere visibile l’invisibile. Non è solo un mezzo tecnico, ma un dispositivo di pensiero. Nel suo continuo oscillare tra documento e finzione, tra performance e introspezione, la videoarte costruisce un linguaggio che scava nelle pieghe dell’identità, del corpo, del paesaggio. È un’arte di soglie: tra immagine e tempo, tra esperienza personale e collettiva, tra realtà e visione.
In questo orizzonte si colloca Butterfly, la rassegna di videoarte curata da Rebecca Russo in collaborazione con la Videoinsight® Foundation – ETS, ospitata a Flashback Habitat (Torino) fino al 29 marzo 2026. Un titolo semplice ma rivelatore: Butterfly è metafora di metamorfosi, di leggerezza che nasce dal peso, di bellezza che si genera dalla fragilità. Come la farfalla che si libera dalla crisalide, la mostra invita a considerare l’arte come processo di trasformazione continua, come passaggio dall’oscurità alla luce della consapevolezza.
Il percorso espositivo raccoglie venti opere video provenienti dalla Collezione Videoinsight®, firmate da artisti internazionali come Janet Biggs, Emilia Faro, Kate Gilmore, Masbedo, Hans Op De Beeck, Ali Kazma, Sissi, Fabrizio Passarella, Ursula Mayer e Vlatka Horvat. Ciascun lavoro rappresenta una tappa di un viaggio interiore, una riflessione sul corpo, sulla memoria e sull’identità. Si passa dalle tensioni liriche di Can’t Find My Way Home (Biggs, 2015) ai frammenti poetici di The Prince’s Metamorphosis (Faro, 2010), fino alle suggestioni simboliche e visionarie dei Masbedo. Tutte le opere, pur diverse per linguaggio e tono, condividono la stessa tensione verso il cambiamento: la possibilità di rinascere, di mutare forma, di tornare a volare.

La collaborazione con la Videoinsight® Foundation aggiunge un livello ulteriore di profondità. Fondata da Rebecca Russo, la Fondazione nasce dal Metodo Videoinsight®, un approccio interdisciplinare che unisce arte contemporanea, psicologia e scienza per promuovere il benessere e la crescita personale. L’arte, in questa prospettiva, non è solo oggetto estetico ma strumento di cura, esperienza capace di attivare processi interiori di guarigione e consapevolezza. Introdotta anche in contesti clinici e riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale, la metodologia Videoinsight® utilizza le immagini artistiche come veicoli di introspezione, innescando insight emotivi e cognitivi.
All’interno di Butterfly, questa dimensione terapeutica diventa esperienza estetica: lo spettatore è invitato non solo a guardare, ma a sostare, ad ascoltare le immagini, a lasciarsi attraversare da esse. Le opere non impongono un significato, ma aprono uno spazio di risonanza in cui ogni visitatore può riconoscersi, mutare, comprendere. Il concetto di “cura” si traduce così in un linguaggio visivo che unisce empatia e riflessione, emozione e pensiero.
Butterfly si inserisce perfettamente nel percorso di Flashback Habitat, luogo dedicato alle culture contemporanee dove memoria e presente convivono, generando nuove forme di partecipazione. La mostra non si limita a esporre opere, ma costruisce un ecosistema di relazioni: tra arte e psiche, tra individuo e collettività, tra fragilità e rinascita.
In un’epoca dominata dall’immagine digitale, Butterfly restituisce alla videoarte la sua funzione originaria: quella di rivelare il potere trasformativo dello sguardo. Perché, come nella metamorfosi della farfalla, anche nell’arte ogni cambiamento nasce da un atto di fiducia: la capacità di lasciarsi trasformare dal proprio stesso volo.
