Dopo il tanto atteso ritorno al Grand Palais nel 2024, Art Basel Paris 2025 conferma e amplifica il legame profondo tra la fiera e la capitale francese. Dal 24 al 26 ottobre, Parigi si trasformerà ancora una volta in una vetrina internazionale dell’arte moderna e contemporanea, ospitando 206 gallerie provenienti da 41 Paesi. Di queste, ben 65 gestiscono spazi in Francia, a testimonianza della forza di un ecosistema artistico che, oggi più che mai, è al centro dei riflettori internazionali.
Sotto la guida di Clément Delépine, Art Basel Paris consolida la sua identità come fiera dal forte respiro curatoriale e culturale, capace di dialogare con la città che la ospita in modo profondo e autentico. A partire dalla sede: il Grand Palais, uno dei simboli più potenti dell’architettura espositiva europea, diventa ancora una volta palcoscenico per artisti, galleristi, curatori, collezionisti e semplici appassionati. Ma il vero valore aggiunto dell’edizione 2025 risiede nel suo programma pubblico, che si estende oltre i confini della fiera, abitando nove luoghi iconici della capitale con installazioni site-specific, progetti artistici, performance e incontri interdisciplinari.

Il programma “Oh La La!”, curato da Loïc Prigent – regista e documentarista simbolo della cultura visuale francese – fonde arte contemporanea e moda, mentre il ciclo Conversations, che quest’anno ospiterà anche il fashion editor Edward Enninful come curatore ospite per un’intera giornata, porta sul tavolo temi caldi come la sostenibilità, l’identità e la trasformazione dei linguaggi visivi.
Al centro della fiera resta il settore Galeries, cuore pulsante di Art Basel Paris, con 180 espositori che propongono una panoramica ricchissima: dalle avanguardie storiche ai pionieri del secondo Novecento, fino alle più radicali ricerche contemporanee. Il tema dell’avanguardia, in particolare, attraversa trasversalmente molte delle presentazioni, celebrando il ruolo che Parigi ha avuto – e continua ad avere – come città laboratorio, luogo di sperimentazione e crocevia di influenze.
In questo contesto, spiccano progetti come quello della Galerie Le Minotaure, che riscopre il Dimensionismo, movimento nato negli anni Trenta ispirato alla fisica einsteiniana, con opere rare di Fernand Léger e László Moholy-Nagy. Altre gallerie, come la 1900–2000, mettono in dialogo Duchamp, Hannah Höch e Victor Brauner con figure del surrealismo e della scena sperimentale postbellica, creando un ponte tra passato e presente. Tornabuoni Art costruisce una riflessione intensa sull’astrazione e la spiritualità attraverso Morandi, Fontana e Boetti, mentre Van de Weghe presenta un’opera di Jean-Michel Basquiat in dialogo con Warhol e Picasso, rivelando come la grammatica visiva dell’artista newyorkese sia oggi centrale per leggere la complessità della cultura globale.

A Milano, Gió Marconi propone un dialogo franco-italiano tra Valerio Adami, Sonia Delaunay, Louise Nevelson ed Emilio Tadini, evidenziando come Parigi abbia influenzato generazioni di artisti al di là dei confini nazionali. Nel panorama delle gallerie internazionali, spiccano anche Xavier Hufkens, con una collettiva che unisce Louise Bourgeois, Tracey Emin, Charline von Heyl, Mark Manders e Cecilia Vicuña, e la Galerie Max Hetzler, con opere di Albert Oehlen, Bridget Riley, Katharina Grosse e Sabine Moritz. Qui la riflessione sull’avanguardia si declina attraverso linguaggi ibridi che intrecciano memoria, materia e gesto.
Il dialogo tra culture e territori si intensifica grazie a gallerie come Sfeir-Semler, che da Beirut e Amburgo porta a Parigi artisti del mondo arabo e della sua diaspora, da Etel Adnan a Lawrence Abu Hamdan. I loro lavori, spesso carichi di stratificazioni politiche e intime, riflettono le tensioni del presente attraverso astrazioni pittoriche, installazioni sonore e tessili, sculture e video. Un approccio che riafferma l’urgenza di leggere l’avanguardia anche come linguaggio di resistenza.
Ma sono proprio le gallerie parigine a ricordarci che l’avanguardia non è solo storia: è anche presente e futuro. Nathalie Obadia presenta Shirley Jaffe e Roger-Edgar Gillet, mentre Loevenbruck costruisce un ponte tra le sculture post-surrealiste di Alina Szapocznikow e le pratiche più recenti di artisti come Ashley Hans Scheirl. Frank Elbaz propone un omaggio alla materia e al linguaggio con Sheila Hicks, Machiko Ogawa e Kenjiro Okazaki. Christophe Gaillard mette in dialogo la pittura piegata di Simon Hantaï con le sperimentazioni contemporanee di Hélène Delprat ed Eric Baudart, mentre Jousse Entreprise presenta “Humeur Aqueuse”, una collettiva che esplora la relazione tra percezione, immagine ed emozione.
A Parigi, insomma, la fiera non è solo una fiera: è una dichiarazione di intenti. Art Basel Paris 2025 si propone come piattaforma aperta e inclusiva, dove arte, mercato, ricerca e cultura dialogano senza gerarchie. L’esperienza del visitatore non si limita a una passeggiata tra gli stand, ma diventa viaggio immersivo nella città, nelle sue storie, nelle sue architetture e nei suoi futuri possibili. La fiera offre un’opportunità preziosa per comprendere dove va l’arte e, con essa, il nostro modo di guardare il mondo.
Per chi colleziona, per chi lavora nell’arte, ma anche per chi ama perdersi tra immagini, visioni e racconti, Art Basel Paris rappresenta un appuntamento imperdibile. Non solo perché mette in mostra il meglio della scena contemporanea, ma perché invita a tornare là dove tutto è cominciato: nella città che da oltre un secolo è laboratorio dell’avanguardia.
